In un precedente articolo abbiamo visto come, tra le tipologie di narratore, la terza persona risulti quella in grado di fornire più libertà di movimento (soprattutto se si sceglie la multipla o la onnisciente). Vediamo nel dettaglio le sue caratteristiche, cerchiamo di capire quando utilizzarla e qual è l’effetto che genera.
La terza persona. La più variegata tra le tipologie di narratore
La terza persona singola
Quando il filtro attraverso cui scegliamo di raccontare la storia rimane per tutto il romanzo nella testa di un personaggio, ci troviamo di fronte alla terza persona singola. In questo caso il punto di vista limitato a cui siete vincolati, è lo stesso della prima persona. Ciò non significa solo usare lui invece che io, la terza persona singola crea una maggiore distanza tra personaggio e lettore.
Ora, giustamente, ti starai chiedendo: “Ma quindi perché usarla, se sono limitato e non posso coinvolgere il lettore?”.
La terza persona singola può risultare utile per rendere accettabile un’esperienza altrimenti insopportabile, proprio grazie alla distanza che crea. Inoltre, anche se l’autore non può rivelare direttamente ciò che il personaggio non conosce, può però andare oltre a ciò che lo stesso personaggio potrebbe esprimere in prima persona. L’autore, infatti, può in questo modo scavare nella mente di un personaggio senza essere confinato nelle sue limitazioni.
La terza persona multipla
La terza persona multipla è una tra le tipologie di narratore più utilizzate, poiché consente di filtrare la vicenda attraverso diversi personaggi. Questo ti permette, in diversi momenti del romanzo, di conoscere diversi punti di vista e non essere limitati al singolo. A differenza della terza persona singola, non sarete costretti a seguire (e a conoscere) un solo punto di vista.
Ovviamente il numero dei filtri da adottare dipende dal libro che hai intenzione di scrivere, ma fai attenzione ad assumere solo, ed esclusivamente, quelli di cui hai reale bisogno.
Se la storia procede in modo fluido anche senza quel determinato punto di vista, allora non sarà necessario e il suo inserimento rischierebbe di generare solo inutile confusione.
Talvolta usare troppi punti di vista vi obbliga a mostrare meno e a dire di più. Riducendo il numero dei personaggi-punti di vista invece, avrai la possibilità di portare a un livello più alto la scrittura perché sarai costretto a osservare maggiori dettagli.
Oltre a essere difficile da gestire, il cambio del punto di vista, rischia di farti sembrare ridondante. Ricordati di cambiarlo solo se aggiunge ulteriori informazioni utili al lettore.
La terza persona onnisciente
Abbiamo avuto modo di vedere come, nel caso della terza persona singola, il raggio di azione di un autore sia limitato. Scrivere in terza persona ti consente tuttavia di scegliere anche un punto di vista onnisciente. Il filtro sarà posizionato per la maggior parte del tempo nella testa di un personaggio, ma l’autore può uscirne per offrire al lettore una panoramica più ampia, rivelando così informazioni che il personaggio-punto di vista non potrebbe conoscere. Tuttavia, sebbene all’apparenza più comunicativo, la terza persona onnisciente risulta più distante, neutrale e meno coinvolgente.
Onnisciente personale e onnisciente impersonale
La scelta del punto di vista onnisciente ne richiede subito un’altra di conseguenza: vuoi scrivere in modo personale oppure impersonale?
- Personale: quando l’autore si mostra al lettore e rivela la sua identità nel raccontare la storia. Si riferisce a se stesso con il termine io e ai lettori con voi, proprio come farebbe un autore che sceglie la prima persona. La differenza è insita nel fatto che, in questo caso, il narratore onnisciente non è un personaggio della storia ed è meno limitato della prima persona. Lo troviamo molto spesso nei romanzi dell’Ottocento.
Prendiamo per esempio Thackeray in La fiera della vanità:
“Mi sembra, per quel che mi riguarda, che il matrimonio di Mr. Rawdon sia uno degli eventi più onesti che dovremo citare di tutta la biografia di tale gentiluomo…”.
- Impersonale: quando invece l’autore dichiara fin da subito la sua capacità di conoscere ogni cosa ma non rivela mai la sua esistenza. Diventa una voce astratta, che tutto conosce ma senza esserne coinvolta. Il suo parere personale viene presentato come un fatto.
Prendiamo per esempio Tolstoj in Guerra e pace:
“Solo l’espressione della volontà divina, che non dipende dal tempo, può stabilire una relazione con un’intera serie di eventi che si svolgono lungo un periodo di anni o di secoli; e solo la Divinità, non condizionata da nessun fattore temporale, può attraverso la sua sola volontà determinare la direzione del percorso del genere umano; l’uomo, in ogni caso, è soggetto al tempo ed egli stesso è partecipe degli eventi”.
Come puoi vedere le variabili sono molte e la scelta non è sempre facile. Speriamo tuttavia che questo articolo ti sia stato utile, alla prossima.
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